L'analisi delle Variationen op. 27 di AntonWebern offre molti spunti
sia per considerazioni strettamente tecnico-compositive,
sia per riflessioni estetiche e culturali di ben più ampio respiro.
La prima domanda che ci si pone a proposito dell'unico
brano pianistico inserito nel catalogo weberniano con
numero d'opera ufficiale, scritto nel 1936, riguarda il suo titolo. Non è
infatti così immediato comprendere come mai la denominazione
"Variazioni", che solitamente definisce una sequenza di brevi e
spesso abbastanza numerosi pezzi organizzati in un ciclo, venga qui associata
ad una composizione che si presenta in tre movimenti, dunque uno degli svariati
trittici di cui la letteratura pianistica del primo Novecento è costellata (si
pensi, solo per fare qualche esempio, a Debussy, Ravel, Schoenberg, Busoni).
Certamente si tratta di un passo rivolto al
futuro, di grande rilievo nell'evoluzione del concetto di
"variazioni" verso un'accezione più estensiva, che prescinde dalla
presenza di un vero e proprio "tema" in apertura di ciclo; tuttavia
occorre probabilmente guardare al passato per coglierne in pieno il
significato.
Come è noto, la tecnica dodecafonica weberniana, perfezionatasi dieci anni prima con i Lieder corali op. 19, non prevede necessariamente che la
forma originale della serie appaia per prima, anzi, il posizionamento
strategico ad essa riservato può variare sensibilmente a seconda delle
esigenze. Nel caso dell'op. 27 l'originale non trasposto O0 (v. sotto la lista
delle abbreviazioni) viene esposto con la massima evidenza, senza essere contrappuntato da altre serie, all'inizio del terzo
movimento, nel momento di maggiore rarefazione del tessuto compositivo,
in cui valori vengono dilatati e le note enunciate con limpidezza mai così cristallina.
Che questo sia il passaggio espositivo basilare, pietra d'angolo del brano, lo
dimostra che la serie originale è immediatamente seguita dall'inversione e poi
dal retrogrado, sempre non trasposti, "puliti" ed isolati. Anche le
modalità con cui si arriva a questa rivelazione delle radici ultime del
materiale ci confermano che siamo giunti alla svolta cruciale, alla mèta di un
percorso di progressiva chiarificazione, che diviene inizio di un nuovo
cammino, sicuramente più riconoscibile come sequenza di variazioni, ben
identificabili anche, se ce ne fosse stato bisogno, dai piccoli numeri romani
apposti dall'autore sulla partitura di studio di PeterStadten, il pianista della prima esecuzione (20
ottobre 1937). È questo un documento fondamentale ai fini interpretativi, le
cui indicazioni UniversalEdition
ha meritoriamente ed accuratamente riprodotto nella ripubblicazione del 1979,
commentata dallo stesso Stadten.
Il segmento iniziale del terzo movimento può
dunque essere considerato come una sorta di "tema", o meglio una
"Variazione Zero", cosa che ci induce a interrogarci sulla natura dei
due movimenti che lo precedono.
Nella storia delle variazioni classico-romantiche
succede raramente che il tema propriamente detto non funga da apertura, ma i
casi che possiamo citare sono decisamente significativi. Senza dubbio il più
eclatante è quello delle Variazioni chiamate "Eroica" di Beethoven, il cui tema viene dapprima usato nel finale
della suite Le creature di Prometeo, poi
nel grande ciclo di Variazioni con fuga per pianoforte op. 35, e infine per
l'appunto nell'ultimo movimento della Sinfonia n. 3 "Eroica". In
questi ultimi due lavori il vero e proprio tema, anziché essere presentato
subito, viene fatto precedere da una breve sequenza di "pre-variazioni" sul solo basso di quello che sarà poi
il tema. Questo consente da un lato di giocare sul dualismo fra un tema
compiuto e un "proto-tema" (il basso), che rivestirà poi un ruolo di
importanza pari se non superiore al tema, dall'altro di rivelare, lungo le pre-variazioni, il processo costruttivo attraverso cui si
arriva al tema partendo dalle sua fondamenta. Una struttura del tutto analoga,
chiaramente ispirata a Beethoven, caratterizza gli Improvvisi in forma di variazione op. 5
di Schumann, ove il proto-tema del basso (dopo essere
stato, come in Beethoven, soggetto di fuga), ritorna
nuovamente isolato a fare da epilogo al ciclo. Potremmo poi citare un caso di
natura diversa, quello delle Variazioni Diabelli op.
120 di Beethoven, ove il tema iniziale di Diabelli, pretesto editoriale del lavoro, viene
immediatamente trasfigurato nella prima Variazione, riferimento di ben maggiore
spessore per le Variazioni successive, e dunque, per molti versi, tema virtuale
dell'opera.
Questi esempi di Beethoven
e Schumann hanno in comune una caratteristica: quello
che, per un motivo o per l'altro, può essere considerato come il tema
principale su cui nascono le variazioni, non trovandosi all'inizio, viene per
così dire "scoperto" tramite una costruzione progressiva, oppure un'improvvisa
trasformazione che va comunque nella direzione di un progresso costruttivo.
L'originalità di Webern
rispetto a questi precedenti, senz'altro studiati con attenzione, consiste nel
fatto che la "scoperta del tema" avviene attraverso un processo decostruttivo, in pieno sintonia con la poetica di Schoenberg che all'inizio degli anni Dieci del Novecento,
superando la fase più tumultuosa dell'espressionismo, punta all'introflessione
più profonda, all'essenzialità più scarna, alla ricerca del "Kern", il cuore, la verità sfrondata, il nucleo più
riposto del pensiero creativo. Di questa tendenza schoenbergiana
i SechskleineKlavierstückeop. 19 (1911) sono un frutto pienamente
rappresentativo, e per molti aspetti le Variazioni di Webern
possono esserne ritenute discendenti dirette.
Il primo e il secondo movimento dell'op. 27
fungono dunque da pre-variazioni decostruenti del
trittico. Il n. 1 ha a sua volta una chiara forma tripartita A-B-A', e il suo materiale si compone di due serie
costantemente sovrapposte, che procedono incrociandosi di continuo, come
descritto sotto. Nel n. 2 resta la sovrapposizione di due serie, ma viene
attuata una notevole riduzione della densità del tessuto, compensata dalla
frenesia delle articolazioni, mentre la struttura formale si semplifica,
limitandosi a una bipartizione A-B con ritornelli.
Così si prepare il
terreno per l'entrata in scena della Variazione Zero, formalmente ancora a due
voci, disposte però in modo tale da non generare quasi mai bicordi
ad attacco simultaneo, sempre procedenti su una sola serie alla volta (come in
tutto il terzo movimento), e cooperanti nel disegnare una linea spoglia ed
essenziale, punto di avvio dell'iter ricostruttivo
delle Variazioni seguenti.
Nell'ottica di questa lettura, se volessimo inquadrare
l'intero trittico in una sequenza di Variazioni numerate, potremmo assegnare
una numerazione negativa alle cinque sezioni complessive dei primi due
movimenti: A = Variazione -5, B = Variazione -4, A' =
Variazione -3 nel primo movimento, poi passando al secondo A = Variazione -2 e
B = Variazione -1. Il conto alla rovescia ci conduce così alla Variazione Zero
in apertura del terzo movimento, dopodiché si può
procedere con la numerazione positiva ordinaria da 1 a 5 confermata anche dagli
appunti di Webern.
Considerato il gusto per le simmetrie dimostrato
in vari aspetti dei processi compositivi, questa
interpretazione, per quanto discretamente arbitraria, non ci pare così
inverosimile.
LA SERIE
Prima di dare inizio alla catalogazione delle
esposizioni della serie ne esaminiamo il profilo e il carattere.
Queste le abbraviazioni
utilizzate:
O = Originale
U = Inversione (Umkehrung)
K = Retrogrado (Krebs)
KU = Retrogrado dell'Inversione
Un indice numerico posposto indica la trasposizione,
in numero di semitoni, da contare sempre in senso ascendente: ad esempio, O8 è
l'originale con trasposizione in senso ascendente di 8 semitoni, quindi una
sesta minore sopra o una terza maggiore sotto, U0 è l'inversione non trasposta,
K2 è il retrogrado un tono sopra, KU11 è il retrogrado dell'inversione una
settima maggiore sopra, quindi un semitono sotto, e così via.
Forme della serie
Come generalmente accade nella dodecafonia della Scuola
di Vienna, la serie è costruita in modo che certi suoi segmenti possano
assumere una caratterizzazione intervallare specifica, funzionale agli intenti
del compositore.
La centralità del tritono,
posto fra i suoni 6 e 7, conferisce a questo intervallo significati e
funzionalità sfruttati soprattutto nel primo movimento - questa è una prassi
che verrà adottata anche in alcuni esempi di serialismo
degli anni successivi, per stabilire reti di relazioni intervallari
particolarmente sofisticate dal punto di vista numerico.
Ma a Webern interessano
ben di più le peculiarità armoniche di alcuni segmenti: ad esempio la
combinazione terza maggiore + semitono è spesso evidenziata in modo molto
percepibile; essa è propria dei suoni 1-2-3, in continuità direzionale
(entrambi gli intervalli sono discendenti in O e ascendenti in U), e anche dei
suoni 10-11-12, in discontinuità direzionale (un intervallo è ascendente e uno
è discendente). Questa duplice veste assicura la disponibilità di tutte le
soluzioni possibili nel gestire la combinazione di questi due intervalli.
Abbiamo poi la forte caratterizzazione cromatica del gruppo 4-5-6, e, ancora
più importante, la polivalenza armonica del tritono,
che come detto ha già una sua specificità espressiva quando è usato assolutamente,
mentre quando si trova nell'aggregato 5-6-7 può dare luogo al tricordo composto da 4a aumentata + 4a o 5a giusta, armonia
decisamente cara alla Scuola di Vienna, e infine quando è parte del
raggruppamento 6-7-8 può alludere a colori tenuemente esatonali,
oppure, nella versione inversa, evocare fantasmi dominantici.
Ritorneremo nelle considerazioni finali su quanto
siano importanti per Webern questi fattori di
delineazione delle identità, armoniche e non solo.
PRIMO MOVIMENTO
SEZIONE A
Quattro frasi, composte da frammenti di 2
sedicesimi variamente sovrapposti, uno dei quali è un bicordo
o un tricordo, e l'altro una nota singola. I moduli
ritmici risultanti da queste combinazioni sono sempre uniformi (constano solo
di sedicesimi), il loro incedere è sovente ripetitivo, o se varia tende a
mantenere comunque elementi di riconoscibilità.
Questo vale anche per la Sez.A', mentre per la B
occorre solo aggiungere che le tipologie di modulo ritmico diventano due
(gruppi di trentaduesimi e gruppi di valori più lunghi in ritenuto), senza che
però il tipo di trattamento cambi significativamente. La sostanziale uniformità
ritmica è caratteristica propria anche del secondo movimento e di ciascuna
Variazione che compone il terzo. Possia mo affermare
che non rientra fra gli interessi di Webern, almeno
in questo brano, curare più di tanto la sofisticatezza delle soluzioni
ritmiche, cosa che non sarebbe funzionale agli intendimenti espressivi
dell'opera. Pertanto la nostra analisi dei dettagli tecnici si concentrerà sugli
aspetti relativi alla gestione della serie e delle sue altezze, lasciando in
secondo piano quelli ritmici.
Prima frase, b.1-7
b.1 m.d. K8, mi=12,
fa=11, continua a b.4 3o 16mo in m.s. sol#=6, termina
a b.7 in m.s., si=1
b.1 m.s. O8, si=1,
sol=2, continua a b.5 in m.d.,
re=7, termina a b.7 in m.d.,
mi=12
La tecnica compositiva
dell'intero primo movimento è già totalmente individuabile in questa prima
frase: una serie e il suo retrogrado, alla stessa trasposizione, vengono
sovrapposti. I primi 6 suoni di una serie sono scritti per una mano e i prima 6
dell'altra per l'altra mano, poi per il seguito le mani si scambiano.
Ciò comporta due conseguenze:
a) le due serie si incrociano a metà strada sulla
stessa nota (il suono 6, in questo caso sol#),
generando la figura del ribattuto.
b) la frase si divide complessivamente in due
blocchi speculari: qui il primo va dall'inizio fino al primo sol# di b.4, il secondo parte dal
secondo sol# di b.4 e
arriva fino al bicordo di b.7.
Così facendo si ottiene un secondo blocco che è naturalmente l'esatto
retrogrado del primo. In altri termini, se non si conoscesse a priori la serie,
si potrebbe anche leggerne una diversa da quella reale, portata avanti da
entrambe le mani fino al primo sol#, e poi il suo
retrogrado a partire dal secondo sol#. Abbiamo dunque
due totali dodecafonici giustapposti, ma ognuno di essi non corrisponde a una
sola serie; le due serie sono intrecciate chiasticamente,
in rapporto alla loro disposizione sui due pentagrammi.
Il ribattuto, che è una costante dell'intero
trittico, funge dunque da centro di simmetria in mezzo ai due blocchi
speculari, essendo punto di arrivo del primo membro, e punto di partenza del
membro palindromo.
Per catalogare l'altra serie che inizia b.8 alla m.s. bisogna tenere conto che il si di b.7, oltre a essere suono 1 di K8 come detto sopra, è anche
suono 1 di una serie U8, che procede poi a b.8 alla
m.s. con mib=2, mi=3, do=4, passa alla m.d. con do#=5, re=6, sol#=7, condivide
con la serie sovrapposta sib=8 e sol=9, continua alla m.d. con la=10, fa=11,
fa#=12
Troviamo dunque qui le due forme (inversione e suo
retrogrado) non usate nella prima frase, cosicché si completa in questa frase
l'utilizzo di tutte e 4 le forme, sempre tutte alla stessa trasposizione. Il
fatto che il suono 1, si, venga distanziato da entrambe le serie (quello di U8
appartiene ancora alla prima frase, a b.7, mentre
quello di KU8 aprirà la terza frase a b.11) genera
per questa frase una coppia di blocchi speculari difettivi di un suono (per
l'appunto il Si), creando l'illusione di una serie endecafonica.
Come abbiamo visto, si tratta invece di regolari serie dodecafoniche la cui
esposizione non coincide col fraseggio musicale, cosa che accade molto
frequentemente lungo tutto l'arco delle Variazioni.
Terza frase b.11-15
b.11-14 m.d. O8, 3 suoni
(2+1) per ogni battuta
b.11-15 m.s. K8, coi
suoni sempre esposti a gruppi di 2+1
Questa frase usa la stessa tecnica di
sovrapposizione delle precedenti e ottiene lo stesso risultato, col centro di
simmetria dei blocchi speculari qui posto sul bicordo
ripetuto do-re, b.13; la differenza in questo caso
consiste nel mancato incrocio fra mani, le due serie procedono sempre sulla
stessa mano ove hano avuto inizio.
Quarta frase, b.15 (3o
16mo) - b.18
È una ripetizione della seconda, pressoché
identica, con la sola differenza data dalla compressione di un sedicesimo, per
via dell'anticipo del tricordo della m.d. a b.16.
Le serie sono dunque ancora U8 e KU8, nella stessa
disposizione descritta per la seconda frase. Anche qui i due suoni 1 (Si) sono
distanziati e in comune con la fine della frase precednete
(quello di U8, b.15 1o 16mo) e con l'inizio della
seziona successiva (quello di KU8, b.19)
Complessivamente la sezione A ha una struttura
interna quadripartita di tipo A1-B-A2-B', con analogia del trattamento seriale
fra membri dispari (con serie non invertite, O-K) e membri pari (con serie
invertite, U-KU). I membri dispari suonano diversi per via della
differenziazione dei registri e dello scambio di mani nella riesposizione
della serie. Fra i membri pari c'è quasi identità, dato che i suoni vengono
riproposti nella stessa posizione e nella stessa successione, con una sola
variazione di natura metrica.
1a frase:
K8(1)
+
O8
2a frase:
(1)U8
+
KU8(1)
3a frase:
(1)O8
+
K8(1)
4a frase:
(1)U8
+
KU8(1)
I numeri fra parentesi indicano quante note sono
condivise con la serie precedente (se a sinistra) o con la successiva (se a
destra)
SEZIONE B
Quattro frasi più un'appendice. I blocchi
speculari non si esauriscono più all'interno della stessa frase, ma completano
la loro simmetria nella frase successiva: il centro di simmetria si trova
infatti alla conclusione delle frasi, sul ritenuto che caratterizza le
figurazioni coi ribattuti scambiati fra le mani - una frenata che compensa
l'accelerazione in trentaduesimi delle nuove articolazioni, pur sempre scritte
prevalentemente a frammenti di due, ma combinate in sequenze più lunghe e
varie.
Di conseguenza anche la successione delle serie,
che si sviluppano tendenzialmente restando nella stessa mano (ragione per cui
la scrittura non tiene in alcun conto le esigenze della diteggiatura
pianistica, ma solo quelle compositive), ha un
respiro senz'altro diverso da quello delle frasi.
Prima frase, b.19 - b.22 1o 32mo
b.19 m.d. KU1, parte col
si in comune con l'ultimo KU8 della Sez. A e termina
con il mi di b.22
b.19 m.s. U1, termina
col si sul 1o 32mo di b.23
Come detto entrambe le serie si esauriscono quando
sono già entrate nella frase successiva. Questo vale anche per il seguito della
sezione.
Seconda frase, dal 2o 32mo di b.22
al 4o 32mo di b.25
Code delle precedenti KU1 e U1
b. 23 m.d. O2, termina col sib
4o 32mo di b.26
b. 23 m.s. K2, inizia col sib
penultimo 32mo di b.22, dunque condivide in apertura
2 note con la precedente U1 (sib e si), termina col
fa sul 1o 32mo di b.26
Terza frase, dal 5o 32mo di b.25
al 4o 32mo di b.29
Code delle precedenti O2 e K2
b.26 m.d. KU6, a partire
dal mi 5o 32mo fino al la 3o 32mo di b.30
b.26 m.s. il mi 3o 32mo
anticipa il suono 1 di KU6 della m.d. - far sentire due volte la prima nota di
una serie in modo piuttosto arbitrario sarà prassi adottata anche nel 3o
movimento; qui è funzionale alla specularità del
blocco che si sta chiudendo.
U6 parte dal la ultimo 32mo di b.26 e finisce col mi 4o 32mo di b.30,
il corrispettivo del mi iniziale di KU6 alla m.d. nella struttura palindromica.
Quarta frase
1. prima porzione, dal 5o 32mo di b.29 a tutta la b.31
2. seconda porzione, da inizio b.32 al 1o 32mo di b.34
3. terza porzione, il resto della b.34
Abbiamo adottato questa divisione interna
considerando come interpunzione la figura mista staccati-legati del registro
più grave, in piano, con tutte note singole, contraltare
delle più acute concatenazioni note singole - bicordi
in forte e fortissimo. Si tratta di una scelta soggettiva - si potrebbe anche
considerare le interpunzioni in piano come inizio delle porzioni e non come
fine. Lo sfasamento di questo fraseggio rispetto alle strutture dei blocchi
palindromi e della serie è in piena sintonia con quanto avvenuto finora nella Sez. B.
Sviluppo seriale della quarta frase
b.30 m.d. O7, dal sib sul 5o 32mo, solb=2, fa=3, a b.31
la=4, sol#=5, passa alla m.s. sul 4o 32mo, sol=6, procede fino al mib sul 5o 32mo di b.32
b.30 m.s. K7, mib e mi in comune con gli ultimi due suoni della
precedente U6. Il sol=6 di b.31 è condiviso con
quello della serie sovrapposta O7; passa alla m.d. con i suoni dal sol# al si b sul 3o 32mo di b.32
(suoni 5-1).
b.32 m.d. KU11, la=12
sul 5o 32mo, sol#=11 sul 6o 32mo, a b.33 do=10,
sib=9, reb=8, si=7, fa=6, passa alla m.s. con mi=5, poi sempre alla m.s. a b.32 mib=4, sol=3, fa#=2, e infine il re della m.d. è il
suono 1.
b.32 U11, ultimo 16mo,
il re=1 è scritto alla m.d. (così come il re=1 speculare che chiude KU11
sovrapposta), poi si procede alla m.s. con fa#=2 simultaneo, a b.33 sol-mib-mi = 3-4-5, si passa
alla m.d. con fa=6, condiviso con KU11 sovrapposto (esattamente come avveniva
col sol di b.31 nell'analoga interpunzione in piano),
si=7, a b.34 reb-sib-do =
8-9-10, sol#=11 e la=12. Solo in questo punto la fine delle esposizioni seriali
coincide con la fine di una porzione di frase. Peraltro i suoni 11-12 di U11
sono condivisi con una delle due serie seguenti, già nell'appendice della Sez.B
Appendice, b.35-36
b.35 m.d. O0 suoni 1-5,
passa alla m.s. a b.36 coi suoni 6-10. I suoni 11-12
apriranno la Sez.A'
b.35 m.s. K0 che, come
si è appena detto, si avvale dei suoni 11-12 della precedente U11 come suoni
12-11 (b.34). A b.35
procede quindi con 10-7, passa poi alla m.d. e si completa con 8-12.
Prospetto generale delle serie della Sezione B in
rapporto al fraseggio
In verde corsivo i suoni comuni a due serie
1a frase
2a frase
3a frase
4a frase-1
4a
frase-2
4a
frase-3
App.
Sez.A'
KU8
1(da A)
KU1
12 - 4
3-1
U1
1-7
8--11-12
O2
1-7
8-12
K2
12-11
10-4
3-1
KU6
12r-4
3-1
U6
1-7
8--11-12
O7
1
- 7
8-12
K7
12-11
10--6-4
3-1
KU11
12-4
3-1
U11
1-7
8--11-12
O0
1-10
11-12
K0
12-11
10-1
Da questo sguardo d'insieme si evince chiaramente
l'alternanza fra coppie di serie invertite (KUe U) e
coppie di serie non invertite (O e K). A ogni ritorno le coppie vengono
trasposte una quarta giusta (5 semitoni) sopra: U e KU passano da 1 a 6 a 11, O
e K da 2 a 7 a 0.
Si tenga inoltre conto che KU1 e U1 provengono da
U8 e KU8, quindi anch'esse risultano trasposte una quarta giusta, cioè 5
semitoni, sopra rispetto alle precedenti - ovviamente i calcoli si fanno in
modulo 12, per cui 8+5=13 -12 =1, così come 7+5=12 -12 =0
La coppia a trasposizione 0 in coda alla Sez.B annuncia in qualche misura le serie della Sez.A'
SEZIONE A'
Chiara ripresa delle articolazioni di A, dal punto
di vista ritmico, timbrico (qui il suono si fa ancora più evanescente) e del
trattamento dei materiali.
Quattro frasi, tutte coincidenti con blocchi
speculari.
Prima frase, b.37-43
b.37 m.s. K0 suoni 12-7
fino a tutta b.39, di cui 12-11 sono in comune con
11-12 di O0 del finale della Sez.B. A b.40 3o 16mo passa alla m.d. e si completa coi suoni 7-1,
fino al 1o 16mo di b.43.
b.37 m.d. O0, suoni 1-6
fino a - b.40 1o 16mo. Passa alla m.s. a b.41 completandosi con i suoni 7-12 fino a tutta b.43
Seconda frase, b.44-46
b.44 m.s. KU0 12-10,
prosegue col quadricordo di b.45
distribuito fra le due mani con si=9, re=8, do=7, fa#=6, continua col fa=5
della m.d., ritorna alla m.s. con le 3 note di b.46, suoni 4-3-2. Il suono 1 viene fatto slittare alla
frase successiva.
b.44 m.d. U0,
simmetricamente a quanto accade con la serie sovrapposta il suono 1 viene è
estraneo alla frase, in quanto coincide col 12 del K0 precedente (mib a b.43). A b.44 procede alla m.d. con 2-3-4, passa alla m.s. col tricordo di b.45, fa=5 fa#=6
do=7, utilizza il re=8 e il si=9 del quadricordo come
note in comune con la serie sovrapposta, ritorna alla m.d. a b.46 ove si completa con 10-11-12.
Terza frase, da b.47
fino al 1o 16mo di b.51
b.47-50 U5 intera, tutta
alla m.s.
b.47 fino al 1o 16mo di
b.51 KU5 intera, tutta alla m.d.,
col mib=1 in comune con il suono 1 della precedente KU0, che come si è detto
non viene esposto nella terza frase. Il sol# finale
di b.51 è in comune con la O5 della quarta frase.
Quarta frase, dal 3o 16mo di b.51
al termine
Dopo la semplificazione delle frasi precedenti
troviamo qui l'intreccio seriale fra le mani più complesso del movimento.
b.51 3o 16mo K5 con
do#=12, re=11, sib=10, salta al quadricordo
dell'ultimo 16mo di b.53 con do=9, la=8, si=7, fa=6,
fa#=5 m.d. b.53, sol=4 m.s. b.53,
mib=3 e mi=2 dal primo tricordo di b.54, sol#=1 dal secondo tricordo
di b.54
b.52 m.d. O5, il cui
suono 1 è però coincidente col sol# alla m.d. di b.51, che è anche suono 1 di KU5. O4 prosegue sui primo 16mo
di b.52 con mi=2, mib=3, poi col quadricordo
del secodno 16mo con sol=4, fa#=5, fa=6, si=7,
utilizza il la=8 e il do=9 del quadricordo
immediatamente successivo come note in comune con la serie sovrapposta, salta
al sib=10 del primo tricordo di b.54,
e si chiude infine con re=11 e do#=12 dell'ultimo tricordo.
Riepilogo delle coppie di serie della sezione A'
1a
frase:
(2)K0(1)
+
O0
2a
frase:
KU0(1)
+
(1)U0
3a
frase
U5
+
(1)KU5(1)
4a
frase
K5
+
(1)O5
A differenza della Sez.A
qui la distribuzione tra frasi di serie dirette e inverse è chiastica:
serie non invertite per le frasi 1 e 4, invertite per le frasi 2 e 3.
Inoltre, mentre nella Sez.A
tutte le serie sono utilizzate alla stessa trasposizione (8), questa sezione
finale allunga il ciclo delle quarte giuste ascendenti che percorre la sezione
precedente, riprendendo dalle trasposizioni 0 (cioè la non-trasposizione) e
chiudendo con la trasposizione 5.
SECONDO MOVIMENTO
La struttura generale si fonda sua due parti, A-B,
entrambe ritornellate, così da raddoppiare la durata
di questa sorta di "presto" di brevità davvero fulminea, interamente
caratterizzato dai gruppi di due ottavi (o di ottavo + quarto) divisi fra le
mani sempre secondo logiche meramente compositive e
non pianistiche, generalmente distanziati fra loro da una pausa di ottavo, in
un caso da una pausa di due ottavi, oppure accostati senza pause intermedie. Il
vorticare di queste figure e l'impressione di aleatorietà
che ne deriva sono ben descritti dall'annotazione supplementare di Webern, che usa il verbo "durcheinanderwürfeln",
termine che fa riferimento al lancio dei dadi: questi frammenti devono dunque
essere "lanciati" a getto continuo uno dietro l'altro, ma senza
alterare il carattere specifico che connota ciascuno di essi.
I meccanismi di sovrapposizione seriale non sono
molto dissimili da quelli del primo movimento, pur essendo più semplici in
virtù dell'assottigliamento del tessuto polifonico.
Si procede a coppie di serie sovrapposte; le
coppie sono in tutto 4, due per ogni parte.
Il secondo movimento contiene solo serie
retrograde, invertite o meno che siano.
Per tutta la prima riga la m.s. espone KU0, suoni 12-4,
la m.d. K0, 12-4. All'inizio della seconda riga KU0 passa alla m.d. e si
conclude a b.6 con l'acciaccatura re#=1, ma anche 12
della serie K7 che prende qui avvio. Analogamente a b.5
K0 passa alla m.s. e si chiude a b.6 con
l'acciaccatura mib=1, ma anche 12 della nuova serie KU5.
KU5 espone 12-8 alla m.s. fino al 1o ottavo di b.8, passa alla m.d. sull'ultimo ottavo di b.8 col tricordo (7-6-5), continua
sulla m.d. fino alla fine di b.11, col sol#=1, ma
anche 12 della nuova serie KU10.
A b.6 K7 inizia a
esporre 12-8 alla m.d., passa alla m.s. col tricordo sul primo ottavo di b.9,
suoni 7-6-5, continua sulla m.s. fino al sib=1 di b.11,
che è anche 12 della nuova serie K2.
K2 iniziando col sib=12 a b.11
continua sempre alla m.s. fino al reb=2 di b.16, chiude
alla m.d. col fa=1 (acciaccatura) di b.17, che è
anche suono 12 della nuova serie KU7.
KU10 iniziando col sol#=12 a b.11
continua sempre sulla m.d. fino al fa=2 di b.16,
chiude alla m.s. col do#=1 (acciaccatura) di b.17,
che è anche suono 12 della nuova serie K5
K5 espone alla m.s. solo il do#=12 appena citato e
il re=11, passa alla m.d. col sib=10 (acciaccatura) di b.18,
e continua sulla m.d. fino al termine (sol#=1).
KU7 espone alla m.d. solo il fa=12 (acciaccatura)
e il mi=11 a b.17, passa alla m.s. a b.18 col sol#=10 (acciaccatura) e continua sempre alla mano
destra fino al termine (sib=1)
Prospetto riepilogativo delle serie del SECONDO
MOVIMENTO
Ogni segmento di brano si basa su una coppia di
serie. I colori di sfondo associano le serie che si agganciano fra loro
attraverso la nota in comune (1 che diventa 12):
KU0 si collega a K7, che si collega a K2, che si
collega a KU7 (sfondo scuro); K0 si collega a KU5, che si collega a KU10, che
si collega a K5 (sfondo chiaro). In corsivo
i suoni in comune.
Come si nota, i collegamenti sono chiastici (KU-K-K-KU, K-KU-KU-K); inoltre è pure chiastica la gestione degli inizi delle coppie: la serie
che in una coppia inizia prima nella coppia successiva inizierà dopo, e così
via
KU0
12--
1
K0
12-- 1
KU5
12
11-- 1
K7
12
11--
1
K2
12
11--
1
KU10
12
11-- 1
K5
12
11-- 1
KU7
12
11--
1
Ancora una volta possiamo individuare relazioni di
quarta giusta fra le trasposizioni.
Se le ordiniamo come segue, partendo cioè
dall'ultima e ricominciando ciclicamente dalla prima (4123), le quattro serie KU
sono tutte a distanza di quarte giuste consecutive:
KU7 KU0 KU5 KU10
Lo stesso vale per le 4 serie K se ne effettuiamo
una letture sinistrorsa a partire dalla terza,, completata poi ciclicamente con
l'ultima, cioè esattamente la lettura retrograda rispetto a quella delle KU
(3214)
K2 K7 K0 K5
Occorre segnalare un processo che, in questo
secondo movimento, è per certi versi ancora più interessante del trattamento
seriale in sé, e che costituisce una novità pressoché assoluta, ripresa e
sviluppata poi dalle scuole compositive successive.
Si tratta di una rigorosa polarizzazione delle altezze, in virtù del quale ogni
nota deve apparire a quella o a quelle determinate frequenze, in base a uno
schema preordinato.
Inoltre, in questo caso, la distribuzione delle
altezze delinea una perfetta simmetria centrata sul La, una delle sette note ad
altezza fissa; le altre sei sono raggruppate in due tricordi costruiti per
sovrapposizioni di quarte giuste: Do-Fa-Sib, letto in
senso ascendente, a partire da una terza minore sopra il La, e simmetricamente
Fa diesis - Do diesis - Sol diesis, letto in senso discendente, a partire da
una terza minore sotto il La centrale.
Vi sono poi quattro notea polarizzazione non fissa, che appaiono a
tre diverse altezze: possiamo così individuare tre coppie Sol - Si e tre coppie
Re - Mi, sempre tutte simmetriche rispetto allo stesso La. Infine il Mi bemolle
è l'unica nota che si presenta a quattro diverse altezze, tutte ancora
equidistanti dal La centrale. Questa scelta non è casuale: il Mi bemolle, in
quanto nota distante un tritono da La e dunque "autosimmetrico" in relazione al La stesso, è il suo contraltare ideale; perciò anche dal punto di vista della
polarizzazione delle altezze La e Mi bemolle sono su fronti contrapposti, nel
senso che il La rappresenta il massimo della fissità, il Mi bemolle il massimo
della mobilità.
La seguente figura illustra il piano delle
polarizzazioni e la loro simmetria complessiva.
TERZO MOVIMENTO
Abbiamo già parlato in apertura del significato
della "Variazione Zero", che introduce questo movimento, e del percorso
variativo che la segue.
Ne descriviamo qui l'andamento seriale, ricordando
che in questo movimento non troviamo più serie sovrapposte: si procede
esponendo una serie per volta, distribuita "verticalmente" fra le due
mani.
"Variazione Zero"
- O0, dall'inizio fino al sol#
di b.5
- U0, dal mib di b.5 al sib di b.9
- K0, dal sol# di b.9 fino al mib di b.12
Gli inizi di U0 e K0 sono marcati da un forte in
contrasto col piano che lo precede.
A questa esposizione delle serie non trasposte
manca KU0 per essere integrale; la lacuna è colmata dalla seconda serie della
Variazione I.
Variazione I
- O1(2), dal mi di b.12
(pianissimo) al bicordo sib=11 la=12 di b.14
- (2)KU0(1), dal medesimo bicordo,
ora sib=12 la=11, al mib=1 di fine b.15
- (1)O0, da quest'ultima
nota, ora mib=1, al sol#=12 ribattuto, prima come minima a fine b.17 poi come acciaccatura a inizio b.18
(lo stesso sol# era anche il primo ribattuto del
primo movimento).
- KU1(1*), dal bicordo
si=12 sib=11 di b.18 al sol#=2 e mi=1 di b.19. Questo mi è in comune con la serie KU7 che segue,
della quale però è il secondo suono (11), non il primo come avviene di consueto
quando due serie si concatenano tramite una nota. Dunque il suono 1 della serie
retrograda uscente diventa 11 della serie retrograda entrante, il cui suono 12
(in questo caso il fa) arriva peraltro simultaneamente al suono in comune. Per
segnalare questo diverso tipo di collegamento fra serie aggiungiamo un
asterisco al numero fra parentesi che quantifica le note in comune.
- (1*)KU7(1*), dal sopra citato bicordo fa=12 mi=11 a re=2 e sib=1 sugli ultimi due quarti
di b.20. Il meccanismo di collegamento alla serie
successiva è identico al precedente: il sib è suono 1
di KU7 e anche 11 della successiva KU1, il cui suono 12 (si) è simultaneo al sib comune.
- (1*)KU1(1), dal bicordosi-sib di fine b.20 al mi=1
basso di inizio b.22. Qui il metodo di aggancio alla
serie successiva torna ad essere quello usuale: il mi=1 di KU1 diventa suono 12
della successiva KU6
- (1)KU6, da detto mi=12 al do#=2 di b.23. Qui termina la Variazione I, quindi il suono 1 di
questa serie viene fatto slittare all'inizio della successiva.
Nel complesso questa Variazione può essere
considerata bipartita dal punto di vista seriale,con una prima parte fondata
sulla scansione ternaria O1-KU0-O0, e una seconda parte fatta di serie KU
concatenate. Tale bipartizione è rispecchiata anche dall'andamento espressivo
della Variazione. A una prima parte più statica, dall'inizio quasi esitante, fa
seguito un'accelerazione enfatizzata proprio dall'uso reiterato dello stesso
tipo di serie, la cui conseguenza è la ripetizione trasposta della figura di b.18, che a b.20 ritorna un tritono sopra, per poi ripresentarsi all'altezza di b.18 durante la fase di rallentamento conclusivo, a b.21. Come si può ben capire, l'accelerazione unita alla
trasposizione verso l'alto costituisce un espediente storicamente ben
collaudato per realizzare un fraseggio incalzante; qui la tecnica seriale è
funzionale a questo scopo.
Variazione II
Gioca sul ribattuto, rendendo così omaggio a una
figura protagonista del trittico.
- KU11(1): I primi due La ribattuti (b.23) appartengono a due serie diverse, in quanto il primo
è, come già detto, suono 1 di KU6, residuo dell'ultima serie della Variazione
precedente, mentre la nuova serie KU11 inizia col secondo La, che ne è suono
12. Il suono 11, sol#, viene invece ribattuto per
decisione arbitraria, quasi imitazione del ribattuto precedente. KU11 prosegue
fino al re=1 di b.25, che è anche suono 12 della
successiva K6.
- (1)K6(1), dal citato re=12 al la=1 di b.28, che è anche suono 12 della successiva K1. A b.27 mi=3 e fa=2 vengono ribattuti.
- (1)K1, dal la=12 di b.28
al primo mi=1 di b.30
- KU6(1), inizia col secondo mi=12 di b.30 (in questo caso, come all'inizio della Variazione, i
due ribattuti appartengono a serie diverse), continua col mib=11 ribattuto per
scelta, e finisce col la=1 di b.32, che è anche suono
12 della successiva K1.
- (1)K1(2) dal la=12 di b.32
al mib=4 di b.33. I suoni 3-2-1 slittano alla Variazione
successiva.
Anche nella Variazione II traspare una
bipartizione, il cui secondo membro sembra palesarsi a partire dalla b.27 (a tempo): comincia qui una chiara alternanza fra la
figura avviata dai due Mi acuti ribattuti (b.27 e
poi, variata ed arricchita, a b.30) e quella lanciata
dalla nona minore ascendente La-Sib a b.28, ripetuta quasi identica (salvo che per l'accelerazione
delle note Fa - Re - Mib) a partire dagli ultimi due
quarti di b.32. Questi moduli ripetuti generano un
effetto molto simile a quello che si avverte in chiusura della Variazione
precedente, reso anche qui possibile da una successione seriale reiterativa, K6-K1 || KU6 K1
Variazione III
Concentra la propria attenzione su un altro
elemento già largamente utilizzato nei primi due movimenti, i frammenti
composti da due note. Combina inoltre questa figura coi ribattuti e con il
procedimento dei blocchi speculari.
Inizia sull'ultimo quarto di b.33
completando la precedente serie K1 con si=3, do=2 e mi=1; queste ultime due
note sono anche i suoni 1 e 2 della nuova serie U9
- (2)U9, partendo dalle due note appena citate
prosegue fino al sol=12 a fine b.35
- KU9, essendo retrogrado della precedente,
riparte da sol, ribattendolo. Il sol=12 di inizio b.36
non è dunque un ribattuto per scelta, ma la prima nota della nuova serie,
disgiunta dalla precedente. L'accostamento di una serie e del suo retrogrado
alla stessa trasposizione genera la coppia di blocchi speculari, come nel primo
movimento. La specularità è enfatizzata dalla
vicinanza delle due coppie di crome di fine e inizio serie, fa#sol
e il suo opposto sol-fa#. A questa caratterizzazione si riferisce
presumibilmente Webern annotando la parola "Gegensätzlichkeit" all'inizio della Variazione. Alla
vivacità di questi frammenti contrapposti di due note fanno da contraltare le frenate sui tricordi lunghi; anche questo è
un aspetto che ricorda la Sezione B del primo movimento. KU9 continua fino al
do=1 primo ottavo di b.38.
- U8, dal secondo ottavo di b.38
col si=1 ripetuto alla m.s. in coppia col re#=2, a sua volta ripetuto nella
m.d. in coppia col mi=3. La serie procede senza altre note ripetute fino al
primo fa#=12 di b.40
- KU8(2) parte dal secondo fa#=12 di b.40 avviando il blocco speculare; proprio per questo,
simmetricamente alle precedente U8, viene ripetuto il re#=2, fra b.41 e b.42, ma non il si=1; re# e si# sono anche suoni 1 e 2
della nuova serie O0
- (2)O0(2) prosegue fino al termine della
Variazione, col la=11 e il sol#=12 di fine b.43, che
saranno anche i suoni iniziali della prima serie della Variazione successiva.
Con questo strappo finale l'accelerato sembra avere l'ultima parola dopo le
contrapposizioni coi rallentati.
Potrebbe sembrare strana l'improvvisa riapparizione
di O0, solitamente usata in punti focali e con significati particolari, mentre
qui è inopinatamente accodata a un gruppo di serie tutte trasposte, in un
momento apparentemente non così topico dell'impianto formale. Bisogna però
tenere conto che fra la Variazione III e la IV vi è la pausa più lunga del
movimento, l'intera battuta 44 (per quanto ancora in accelerando), Può darsi
quindi che Webern abbia pensato a una cesura un po'
più marcata fra queste due Variazioni, e abbia voluto sottolinearla arrivandoci
con la serie originale non trasposta.
Si è detto che l'impiego dei blocchi speculari
ricorda il primo movimento; non è casuale allora che qui ricompaia la
trasposizione 8, tipica della Sez.A del primo
movimento, e mai più riutilizzata finora.
Rimarchiamo infine che nei blocchi speculari si ha
una esatta lettura palindromica anche dei valori
ritmici delle note; le pause possono invece variare nella rilettura
sinistrorsa.
Variazione IV
È la più concitata, sia per l'instabilità ritmica
che le conferiscono le sincopi, sia per la preminenza della dinamica forte, sia
per gli slanci verso l'acuto, col progressivo innalzamento dei punti culminanti
fino all'Hohepunkt, il La con quattro tagli,
"gridato" per tre volte nell'ultimo segmento, come rara nota singola
in un contesto dominato dai bicordi.
- (2)KU11(2) sfrutta come suoni 11 e 12 il la e il
sol# finali della Variazione precedente, e continua
col do=3 di b.45 fino al fa#=2 e al re=1 di fine b.46 - inizio b.47, suoni comuni
alla serie successiva.
- (2)O3(2), dal fa#=1 e re=2 in comune con la
serie precedente fino al bicordo do=11 si=12 di b.48, note in comune con la serie successiva. Fra la
conclusione di questa serie e l'inizio di quella che segue troviamo l'unico
momento di frenata (rit. e dim.) di questa Variazione, a demarcarne una linea
di bipartizione.
- (2)KU2(2), dal bicordo
do=12 si=11 in comune con la serie precedente fino al la=2 e al fa=1
sforzatissimo di b.50, note in comune con la serie
successiva.
- (2)O6(2), da la=1 e fa=2 di b.50,
in comune con la serie precedente, fino al mib=11 e re=12 di fine b.51 e inizio 52, note in comune con la serie successiva.
- (2)KU5(2), da mib=12 e re=11 in comune con la
serie precedente a do=2 e lab=1 di b.53, note in
comune con la serie successiva.
- (2)O9(2), da do=1 e lab=2 in comune con la serie
precedente al bicordo fa#=11 fa=12 di b.54, in comune con la serie successiva.
- (2)KU8, dal bicordo
fa#=12 fa=11 in comune con la serie precedente al si=1 di fine b.55, termine della Variazione.
Si noterà facilmente che in questa Variazione il
metodo di aggancio fra serie prevede sempre la condivisione di due note, e che
il tasso di varietà traspositiva raggiunge qui il suo
culmine. Da osservare inoltre che il gruppo Fa# - Mi
Sol - Si Fa - Sib a b.52
risulta ripetuto identico, trasposto una terza minore sopra come La - Sol Sib - Re Lab - Do# fra b.54 e b.55 (i due gruppi
appartengono rispettivamente a KU5 e KU8). Siamo dunque ancora in presenza di
una ripetizione trasposta verso l'alto collocata verso la fine di una
Variazione, per quanto meno avvertibile all'ascolto di quelle delle Variazioni
I e II,
Variazione V
Epilogo prevalentemente accordale, di nuovo calmo
(wiederruhig) ma con lievi
fremiti di inquietudine, meditativo ed evanescente, che dunque ricorda inevitabilmente
il finale dei Pezzi op. 19 di Schoenberg.
- O0(4), dal mib=1 di b.56
alle note sol=9, fa=10, la=11 e sol#=12 fra b.57 e b.58, in comune con la serie successiva.
- (4)K0 inizia dalle quattro note appena
menzionate, suoni 12-11-10-9; ma è opportuno osservare che il sol=9, che arriva
prima delle altre tre simultanee, nella lettura retrograda può essere valutato
come suono 9 solo se si considera la sua durata, che gli consente di
sovrapporsi almeno per un quarto al tricordo 10-11-12
/ 12-11-10. Si tratta di uno dei pochissimi margini di flessibilità che Webern si concede nell'interpretazione delle regole dodecafonico-seriali, in base alle quali sarebbe stato più
normale ripetere il sol dopo il tricordo
(considerando quindi come note comuni alle due serie soltanto fa, la e sol#), o quanto meno, per conservare la condivisione di 4
suoni, prolungare il sol in modo da farlo estinguere assieme al tricordo. K0 continua fino al mib=1 di b.59.
- U1(4), dal mi=1 di b.59-60
al quadricordo di b.61 do=9
re=10 sib=11 si=12, in comune con la serie successiva.
- (4)KU1(4), dal quadricordo
appena descritto, suoni 12-11-10-9, al tricordo fa=4
la=3 sol#=2 e infine almi=1, m.s., secondo quarto di b.63.
- (4)K0(1) inizia con le 4 note appena elencate,
ma prese in ordine diverso rispetto a quello in cui chiudono KU1. Nessuna
anomalia in questo, dato che abbiamo a che fare con un tricordo:
l'ordine di lettura di note simultanee può essere cambiato (o come in questo
caso invertito) a seconda delle esigenze. Dunque si parte qui da sol#=12,
la=11, fa=10, mi=9, sol=8 alla m.d. in chiave di basso, per arrivare al mib=1
di b.64, in comune con la serie successiva.
- (1)U0, ultima serie delle Variazioni, va dal
mib=1 di b.64 in comune con la serie precedente fino
al termine.
In quest'ultima
Variazione il senso di ripiegamento interiore e di ricerca di recupero delle
origini è confermato dalla preminenza delle serie non trasposte (O, K e U, le
tre già impiegate nella Variazione Zero), dalle quali ci si allontana di un
solo semitono con la coppia mediana U1-KU1, per poi farvi ritorno nelle ultime
quattro battute.
CONSIDERAZIONI FINALI
Riportiamo innanzitutto, a titolo dimostrativo,
una statistica generale delle serie dell'op.27. La
lettera T sta per trasposizione, e il numero ad essa affiancato indica, al
solito, di quanti semitoni verso l'alto. I numeri interni segnalano invece
quante volte una certa trasposizione appare per ognuna delle forme della serie.
Nella riga più in basso e nella colonna più a destra si leggono i totali.
T0
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
T10
T11
O
6
1
1
1
0
1
1
1
2
1
0
0
15
K
6
2
2
0
0
2
1
2
2
0
0
0
17
U
3
2
0
0
0
1
1
0
3
1
0
1
12
KU
3
4
1
0
0
3
3
2
4
1
1
3
25
18
9
4
1
0
7
6
5
11
3
1
4
69
Oggettivamente, l'importanza delle deduzioni suggerite
da una tabella di questo genere è relativa. La trasposizione 0, specie su O e
K, ha maggiore incidenza rispetto a ogni altra singola trasposizione - le serie
non trasposte sono comunque poco più di un quarto del totale; non ci sono
trasposizioni una terza maggiore sopra (è l'unica trasposizione completamente
assente); le serie di tipo KU sono le più numerose; lasciamo poi a chi legge il
gusto di concentrare l'attenzione su ciò che più interessa.
Ma per Webern la
statistica complessiva e gli aspetti compilatori sono sostanzialmente
irrilevanti. Abbiamo a più riprese sottolineato come la scelta delle forme
seriali e delle trasposizioni non sia funzionale al riempimento di matrici o
tabelle, ma obbedisca a criteri squisitamente musicali, tagliati su misura per
il contesto specifico di applicazione - si pensi alle relazioni di quarta, ai
blocchi palindromi, ai gruppi ripetuti e trasposti, ai moduli ritmici
ricorrenti, semplici e riconoscibili.
Si è soliti parlare di post-webernismo
per quelle correnti d'avanguardia che percorrono la metà del secolo, facendo
capo, per intenderci, soprattutto al centro di Darmstadt.
Non vi è dubbio che dalla tecnica weberniana gli
esponenti di tali correnti abbiano saputo trarre spunti fondamentali per
sviluppare la loro "tecnologia" compositiva
fino a livelli di estrema complessità.
Ma lo spirito che Webern
intende infondere alle proprie costruzioni è molto lontano da quegli esiti, e
non solo per quanto concerne i loro impianti numerici enormemente più
complicati (come ad esempio quelli su cui si basa la serialità
integrale). Il rigorismo strutturalista persegue, beninteso legittimamente, lo
scopo ideologico della cancellazione del principio di identità, in pratica la
rimozione di ogni traccia di riconoscibilità e di
connotazione espressiva la cui ragione d'essere risieda al di fuori dei
meccanismi generatori e regolatori del materiale.
Ci pare di aver dimostrato che la concezione di Webern è agli antipodi, visti i suoi sforzi di
"personalizzazione" dei frammenti seriali col loro uso a tratti quasi
motivico, di mantenimento di una linearità ritmica,
di caratterizzazione delle trasposizioni (forse potremmo perfino spingerci a
dire "eticizzazione"), di valorizzazione
della connotazione armonica dei materiali, non solo nell'accezione verticale,
ma anche, "alla greca", con riguardo alla logica delle loro
interazioni orizzontali: si osservi con quanta cura l'autore si dedica a
tracciare linee di collegamento che rendano l'idea di un discorso continuo, di
un eloquio articolato, così da fugare la tentazione di pensare per punti
isolati o aggregazioni autoreferenziali, oppure ad
evidenziare suoni specifici come centri di gravitazione di un movimento che li
circonda. E naturalmente ci sono poi i suggerimenti interpretativi per Stadten, che talvolta possono apparire soprendenti
se non paradossali: a un esame superficiale saremmo portati a chiederci come
può un frammento di due note essere tanto appassionato, dolente, impetuoso,
esaltato, pensieroso, solo per citare alcuni degli aggettivi apposti sullo
spartito del pianista. Alla luce di quanto esposto fin qui tale domanda
dovrebbe trovare qualche risposta adeguata. La sottovalutazione di questi
aspetti, da parte di interpreti e compositori coevi e successivi, indusse Stadten (musicologo oltre che pianista) a denunciare un
certo "fraintendimento puntillista" delle
opere weberniane, come quello lamentato dallo stesso Webern in occasione della prima esecuzione della Sinfonia
op. 21 sotto la direzione di Klemperer, a suo dire
insensatamente arida e priva di coesione espressiva.
A qualcuno potrà sembrare arida anche questa
corposa e talora scolastica trattazione, ma è auspicabile che se ne possa
comprendere lo scopo: mostrare il tipo di approccio ad una tecnica tutt'altro che elementare da parte di un compositore
pienamente fiducioso nelle potenzialità comunicative del suo linguaggio e nelle
capacità dei fruitori di recepirne i messaggi, nella speranza che interpreti e
pubblico non rendano troppo mal riposta quella fiducia.
Non si pensi che questa affermazione sia eccessiva
o anacronistica.
Certo quel fraintendimento puntillista,
o se si vuole anche strutturalista, è sempre di gran lunga preferibile a tutte
quelle penose derive semplicistiche e banalizzanti che hanno infestato l'ultima
parte del Novecento e continuano ad infestare con sempre maggiore aggressività
i nostri giorni, spingendo il pubblico giù per la rovinosa china del disimpegno
intellettuale. La loro azione nefasta non può che danneggiare in primo luogo
quei filoni creativi che in un modo o nell'altro riconoscono come progenitrice
l'esperienza della Scuola di Vienna, che ormai troppe voci, neppure tanto
sommesse, sembrano voler beceramente e sfrontatamente
liquidare come errore di percorso da ignorare e rimuovere.
A coloro i quali dovessero abbracciare una così
scellerata opinione, lungi dal consigliare la lettura di questo scritto
(consiglio inutile e anzi controproducente), rivolgiamo l'invito a leggere
qualcosa di molto più breve ed efficace: la prima indicazione di Webern a Stadten, all'inizio del
primo movimento dell'op. 27, composta di sole due parole: "VerhaltenerKlageruf", grido
di lamento soffocato.
Quando Webern compone le
Variazioni, tutti i rami del pensiero europeo hanno già risentito di una
profondissima crisi identitaria, che nell'arte e
nella musica in particolare viene già acutamente presentita a fine XIX secolo.
Il diffuso senso di smarrimento che ne è conseguenza pervade svariate
importanti opere delle prime decadi del Novecento, capolavori di genialità
straordinaria pagati al caro prezzo delle catastrofi che ne hanno segnato gli
anni - mai come nei momenti più oscuri l'arte riflette la storia. Se dunque
l'uomo europeo ha visto spazzate via le proprie certezze, non è forse un caso
che proprio in una Vienna tremendamente ridimensionata dopo l'addio ai fasti
imperiali, nel cuore del continente ferito, la dodecafonia rappresenti un
tentativo di recuperare un approdo sicuro nel vasto ed ancora largamente inesplorato
oceano dell'atonalità. Quell'approdo dà a Webern la forza di emettere il suo lamento, soffocato
perché vanamente rivolto a un mondo svuotato, incapace di ascoltarlo, travolto
dagli eventi che lo stanno precipitando nell'inferno della tragedia più grande,
ormai incombente.
A poco più di ottanta anni di distanza, in
un'Europa pericolosamente disorientata, nel cui ventre gli spettri di quell'inferno sembrano dare qualche inquietante segno di
risveglio, anziché inseguire vacuità degradanti si provi ad ascoltare ed
interpretare con rispetto quel lamento. Se ne potranno trarre ancora
insegnamenti decisivi.